mercoledì 4 marzo 2009

Allenarsi alla paura Parte I

Ho apprezzato moltissimo un articolo uscito sull'ultimo numero di Volo Libero redatto dal Presidente della FIVL Luca Basso. L'articolo affronta da diverse prospettive alcuni importanti aspetti della psicologia del volo ed un fenomeno in particolare, a molti sicuramente ben noto: la paura. Caso vuole che fossi rimasto altrettanto affascinato da un altro articolo uscito recentemente sulla rivista Cross Country firmato da Bruce Goldsmith, il quale affronta questo tema, spiegandolo in termini fisiologici, cioè quello che succede nel nostro corpo quando la paura cerca di prendere le redini. Come il nostro Luca Basso anche Goldsmith esplora i meccanismi del processo per suggerire poi una proposta di "difesa" o, meglio, quello che lui chiama "allenamento alla paura". Pertanto mi sembra un buon pretesto per riportare il testo di Goldsmith tradotto in italiano. In questo post riporto la parte introduttiva, il prossimo sarà...beh, non voglio certo rovinarvi la sorpresa! Buona lettura..

Testo tratto da: Icaristics, Bruce Goldsmith. XC Magazine, Issue 121, 2009


“Di recente ho seguito un corso di specializzazione sugli incidenti in aviazione dovuti ad errori umani, tenuto da Creig E. Geis, co-fondatore del California Training Institute. Geis è un tenente colonnello in pensione dell’esercito ed ex elicotterista. È anche Lo Specialista in Sicurezza dell’esercito americano in fatto di incidenti dovuti ad errori umani. Ora istruisce gli allievi dell’aviazione sia in settore privato che in operazioni militari in tutto il mondo, così come i corpi militari armati ed organizzazioni di polizia, in corsi finalizzati alla gestione delle reazioni umane in condizioni di stress psicologico estremo.

Quando gli ho descritto il problema che si viene a creare nei piloti di volo, nelle situazioni in cui si verificano seri inconvenienti, cioè il fatto che sembrino incapaci di reagire o anche solo di eseguire la più semplice azione che serva a salvargli la vita, lui mi ha guardato negli occhi e mi ha detto semplicemente: "è esattamente quello che mi aspetto! Avviene la stessa cosa in tutte le situazioni di stress. Solo poche persone sanno quanto possa essere altamente debilitante la paura"

Il fenomeno si verifica sia in piloti esperti che in neofiti. In quelli con minor esperienza uno stress eccessivo spesso avviene quando il pilota si trova in una situazione mai incontrata prima o alla quale non è stato preparato. In piloti esperti è esattamento l’opposto: un pilota con esperienza spesso sbaglia non riconoscendo una situazione potenzialmente pericolosa proprio a causa della sua tranquillità e viene dunque anch’esso colto di sorpresa . In entrambi i casi si innalza molto rapidamente il livello di stress provocato dall’aumento di ormoni coinvolti nel processo. Il risultato è quello di abbassare notevolmente la soglia di lucidità mentale.

La reazione corporea immediata allo stress è un aumento del battito cardiaco. Negli uomini primitivi questo fenomeno era da considerarsi "positivo" essendo condizione necessaria per lo sviluppo di quello stato di iper-eccitazione che induce a combattere o darsi alla fuga.

Nell’aviazione troppo di ciò può diventare "negativo":un pilota necessita di sufficiente lucidità mentale per reagire correttamente. In queste situazioni di elevato stress psicologico il nostro fisico pompa nel sangue una complessa miscela di sostanze chimiche, prima tra tutte l’adrenalina. A basse concentrazioni queste sostanze possono incrementare l’abilità cognitiva e lo stimolo alla reazione, ma al crescere dello stress il cervello subisce un sovradosaggio di queste “droghe naturali”. La lucidità mentale incomincia a diminuire. Se lo stress continua a crescere, l’inefficenza all’azione può diventare totale! Quando il nostro battito cardiaco è tra 115-145 battiti per minuto (bpm in seguito n.d.t.), si è in una condizione ottimale per le attitudini mentali. In situazioni estreme quando il battito cardiaco, sale oltre i 145 bpm, possiamo rimanere completamente bloccati dalla paura e anche eventualmente perdere alcuni dei controlli basilari = “farsela sotto” (in senso letterale non solo figurato! n.d.t.)

Non è dunque una sorpesa che i piloti si trovino incapaci di compiere anche la più semplice delle azioni, come per esempio rilasciare i freni o fare una virata, in quelle situazioni.

Le nostre abilità mentali calano all’aumentare del battito cardiaco. Durante questi momenti di iper-eccitazione il corpo produce un ormone chiamato Cortisolo. Esso aumenta la pressione circolatoria e la glicemia e ha un significativo impatto sulla lucidità mentale e sulla memoria. Il cortisolo influisce negativamente sul processo di trasferimento dell’informazione tra la memoria a breve termine e quella a lungo termine. Dal momento che la memoria a breve termine ha una capienza limitata, nelle situazioni di stress semplicemente diventa sovraccarica e ci fa sbagliare. Il cortisolo agisce quindi sul processo di memorizzazione, "danneggiando" il recupero delle informazioni memorizzate: non abbiamo perso l’informazione, semplicametente abbiamo difficoltà a recuperarla!

Ciò può avere implicazioni critiche se abbiamo bisogno di usare informazioni apprese durante situazioni di stress. Questo è esattamente il motivo per cui anche i piloti esperti possono fallire a richiamare procedure di emergenza precedentemente apprese. Le informazioni sono presenti nella memoria ma impiegano più tempo a venire richiamate, ma in situazioni estreme di solito una cosa che manca è proprio il tempo!

Nei lobi frontali giacciono i centri di controllo delle emozioni e della personalità.

Essi sono coinvolti nelle funzioni motorie, risoluzione dei problemi, spontaneità, memoria a breve termine, pensiero razionale, linguaggio, impulso, giudizio e comportamento sociale e sessuale.

Durante una situazione di stress il cortisolo sopprime l’attività in aree dei lobi frontali che controllano la memoria a breve termine: concentrazione e pensiero razionale. Ci consente di trasformarci nel leone che ci spinge a combattere o a scappare dal pericolo. Però danneggia il comportamento sociale complesso e il pensiero fine. Il risultato è che quando lo stress spinge il cuore a oltre 145 bpm perdiamo l’ablità a pensare raizionalmente e sopra 175 bpm i lobi frontali smettono di funzionare e il pensiero razionale si converte in "combattere o darsi alla fuga".

Da sottolinare che il livello del battito cardiaco è solo un indicatore del livello di ormoni da stress nel sangue. Aumentando il battito con l’esercizio fisico non li produce. Insomma: c’è bisogno della paura!

Ma se la paura può immobilizzarci, cosa possiamo fare per evitare che questo avvenga?"


La risposta nella prossima puntata..

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